in Italia sono 170 mila rom e sinti, secondo quanto riportato dai dati dell’Associazione 21 luglio, terza minoranza alle spalle di sardi e friulani. Ma nonostante la consistenza numerica, ci troviamo ancora in una condizione di assenza di strumenti giuridici a tutela della salvaguardia culturale e linguistica di un gruppo che continua a subire sistematiche esclusioni e discriminazioni. Se consideriamo invece l’intera Europa, le percentuali di questa comunità rispetto alla popolazione totale oscillano fra lo 0,6% del Lussemburgo al 10% di Bulgaria e Macedonia, a livello assoluto le presenze più cospicue sono in Turchia, ben 5 milioni ma a fronte di oltre 70 milioni di abitanti.
“Immaginando che tutti gli Stati caccino i rom insediandoli in qualche terra disabitata non sarebbero più una minoranza, ma una nazione di 12 milioni di persone, più di Grecia, Portogallo e Ungheria”, estremizza Carlo Stasolla, presidente dell’Associazione 21 luglio, intervenuto nel corso del convegno “Rom e sinti in Italia: due proposte di legge in favore della minoranza” tenutosi il 17 settembre al Senato, Palazzo Giustiniani.
Una storia di discriminazioni Non solo lo sterminio durante la Seconda Guerra Mondiale, il non abbastanza noto porajmos che costò 500 mila vittime. Altre politiche di discriminazione si sono succedute nel corso del secolo: dagli anni ’20 fino all’inizio degli anni ’70 in Svizzera circa 600 bambini furono sottratti alle famiglie, per estirpare il nomadismo furono iscritti in collegi o spediti in istituti psichiatrici. In Svezia ed Austria si procedette, sempre nello stesso arco di tempo, alla sterilizzazione di migliaia di individui. In Repubblica Ceca nel 1992 in centomila si ritrovarono senza più cittadinanza. “Sempre diversi, stranieri, considerati minacciosi fantasmi metropolitani”, prosegue Stasolla.
Ma torniamo all’Italia, senza arrivare a casi così estremi, il pregiudizio ha pesanti ripercussioni sulla ricerca di lavoro ed alloggio, anche se a volte è “il loro stesso atteggiamento volontario”, come lo definisce Stasolla, che contribuisce a perseverare la ghettizzazione. Altro però è parlare della lacuna normativa della legge n. 482 del 1999, che in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche ne riconosce dodici, dal milione e trecentomila dei sardi ai poco più di duemila croati in Molise. Fra queste non ci sono rom e sinti.
Eppure, se prendiamo a riferimento il parametro “storico”, la loro presenza in Italia risale alla prima metà del 1400, “con caratteristiche analoghe ad altre minoranze, nella cultura, letteratura, arte”, interviene Aurora Sordini, giurista dell’Associazione 21 luglio. L’auspicio è rimediare a questo deficit, o intervenendo sulla già citata legge 482/99, o con una produzione legislativa ad hoc di livello nazionale, in modo che se ne assicuri l’attuazione o si evitino disparità locali e regionali.
I lavori del convegno sono stati quindi occasione per presentare due disegni di legge da parte del senatore in quota Pd, Svp (Sudtiroler Volkspartei) e Patt (Partito Autonomista Trentino Tirolese) Francesco Palermo, il primo sulla ratifica ed esecuzione della “Carta europea delle lingue regionali o minoritarie” del 1992, il secondo relativo a “Norme per la tutela e le pari opportunità della minoranza dei rom e dei sinti”. Tra le macroaree individuate, “le politiche abitative e partecipative”, spiega Palermo, per “un tentativo di dare basi senza le quali non si potrebbe nemmeno iniziare alcun discorso. Non è buonismo, è necessità di affrontare un problema, non si possono più chiudere gli occhi”.
La fragilità della rappresentanza Una debolezza, a giudizio di Ulderico Daniele, antropologo, è finora rimasta insita nella mancanza di reali rivendicazioni nell’agenda politica. “Solo negli ultimi anni alcuni gruppi si sono dotati di forme di associazionismo, ma frastagliate, forti solo localmente”. Con Rutelli sindaco fu favorita una cogestione dei campi rom con leader tradizionali, quasi un’autorappresentanza. Una forma di riconoscimento, anche se implicita, sta nelle figure dei mediatori culturali – se c’è un mediatore per i rom se ne riconosce la loro effettiva specificità – “è su questi fronti caldi che si può pensare ad un dialogo”.
“In programma ci sono incontri con le associazioni rom per condividere percorsi”, assicura Cécile Kyenge, ministro dell’integrazione. Prima di tutto relativamente allo status giuridico, “se non si risolve questo non si potranno coinvolgere tutte le generazioni”. Ma non è l’unica questione in sospeso, molto andrà fatto “contro la dispersione scolastica”. “Una democrazia si giudica dalla condizione delle minoranze”, chiude l’attore e autore Moni Ovadia.
Gabriele Santoro
(19 settembre 2013)
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